Automotive italiano, trend in ripresa, ma attenzione alle problematiche che restano

Approfondiamo in questo articolo tutto sulla ripresa del settore delle automotive in Italia e alcune problematiche correlate al passaggio alle auto elettriche.

Collezionando ormai più di sei mesi di crescita, la ripresa del settore automotive in Italia, come in Europa, appare evidente. Sembra dunque arrivato il momento di puntare tutto sulla transizione verso l’elettrico, come vorrebbe l’Unione Europea, desiderosa di eliminare diesel e benzina entro il 2035. Esistono tuttavia dubbi di non poco conto in merito, che vale la pena prendere in considerazione.

La ripresa del settore automotive in Italia

La premessa è confermata dai dati: come la chiusura del 2022 si è rivelata positiva, così anche i primi due mesi del 2023 permettono di parlare di una crescita, e dunque di una considerevole ripresa, per il settore automotive italiano. Nel dettaglio, febbraio 2023 ha visto una crescita di oltre +17% rispetto al febbraio 2022. Prendendo insieme gennaio e febbraio 2023, invece, il rapporto con il primo bimestre dello scorso anno sale a oltre +18%.

La ripresa, che si concretizza in un aumento di immatricolazioni abbondantemente a due cifre percentuali, non è tuttavia omogenea, se si guarda alle alimentazioni. Se fisiologicamente è crollato il numero di auto a metano immatricolate, è ancora molto forte, dall’altra parte, il dominio di diesel e, soprattutto, benzina. Invece, l’elettrico si assesta su una quota piuttosto modesta di mercato, pari al 7,9%, facendo così dell’Italia una specie di fanalino di coda, per quel che riguarda la diffusione delle ECV sul territorio nazionale. Davanti a lei in Europa, e con un buono scarto, Spagna, Germania, Regno Unito e, al primo posto, con oltre il 22%, la Francia.

Italia ed Europa: confronto sull’elettrico

Una così modesta diffusione, in termini percentuali, di auto elettriche sul territorio italiano si può spiegare in diversi modi, anche se tutti fanno bene o male capo all’aumento dei prezzi legato alle auto a zero emissioni di Co2. Lo scenario italiano, a livello di diffusione dell’elettrico, è infatti stato particolarmente colpito dalla crisi dei semiconduttori, che ha portato a un primo aumento dei prezzi del nuovo full electric. A questo dato, si sommano quei problemi di logistica e la sempre presente inflazione, che non hanno fatto altro che aggiungere ulteriore carico su un quadro già complicato dalla crisi energetica.

Dati questi elementi, è ovvio che l’utenza italiana abbia deciso di acquistare auto usate, come riportato dai numeri di valentinoautomobili.it, piuttosto che scegliere il nuovo. Allo stesso tempo, è altrettanto scontato che la classe politica e la filiera di produzione italiane si siano dette contrarie a ratificare quel Regolamento UE che vorrebbe porre nel 2035 la fine dell’era del motore endotermico in Europa. Esistono infatti delle difficoltà e delle problematiche che il Regolamento Europeo non soltanto non potrebbe evitare, ma che finirebbe anche per far crescere.

Le problematiche del passaggio all’elettrico

Il problema di fondo resta sempre quello dell’alimentazione. L’Italia sembra voler lavorare per un rinvio o quanto meno una riduzione di quella percentuale del 100%, obiettivo europeo in termini di riduzione delle emissioni di Co2. Gli scenari che si aprirebbero in questo caso potrebbero vedere una maggiore diffusione di biocarburanti, che porterebbe a sua volta l’Italia a dipendere esclusivamente dall’estero per i suoi rifornimenti.

Guardando invece alla filiera dell’auto in Italia, il rischio concreto è quello di vedere alcuni settori svuotarsi di dipendenti in risposta alla riconversione all’elettrico. Alcune stime sono già state messe sul tavolo, e parlano di oltre 60.000 posti di lavoro nel settore automobilistico italiano che andrebbero perduti. Si tratterebbe della logica conseguenza del ridimensionamento della filiera, che finirebbe per gravare su quelle 500 piccole e medie imprese che potrebbero non reggere questa contrazione. Questo dato varrebbe soprattutto per quelle aziende che si occupano di componentistica, specialmente se non riusciranno a riadattarsi per tempo.

Secondo queste stesse stime, la bolla occupazionale che scoppierebbe in Europa in seguito a una riconversione all’elettrico al 100% si rivelerebbe particolarmente grave in Italia, che figurerebbe tra i Paesi più esposti. Probabilmente, è proprio questa una delle ragioni per cui Bruxelles ha deciso di garantirsi la possibilità di valutare l’andamento della transizione nel 2026, così da poter eventualmente aggiustare il tiro sulla transizione completa, in caso di difficoltà di natura pratica o sociale.

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